S INDACATO U NITARIO L AVORATORI P OLIZIA L OCALE 
39 anni a difesa della categoria

IL SULPL CONDIVIDE IL PENSIERO DEL GIORNALISTA VITTORIO FELTRI SULLA POLIZIA LOCALE ITALIANA

Vittorio Feltri, con la sua consueta eleganza da ghigliottina verbale, il 2 novembre scorso ha scritto che la sicurezza deve essere apartitica e che la polizia locale va valorizzata. Finalmente qualcuno che offre una prospettiva a un corpo rimasto sospeso tra il mito del vigile urbano e l’ombra lunga della polizia nazionale. Un tempo i vigiles urbani, erano i custodi dell’ordine cittadino, sentinelle della vita civile.
Oggi la polizia locale è un corpo ibrido, parte di uno Stato unitario e non federale, bloccato in un limbo istituzionale. Si è chiesto loro di essere investigatori, assistenti sociali, guardiani del decoro e tecnici della videosorveglianza. Ne è nato un organismo confuso, troppo civici per essere forze di polizia, troppo armati per essere impiegati comunali. Un aborto amministrativo che avrebbe dovuto valorizzare e invece ha smarrito uomini e donne in uniforme, costretti a rincorrere l’immagine della Polizia di Stato privi di riconoscimento e formazione adeguata.
Una sicurezza apartitica in un Paese che politicizza tutto
Feltri ha colto una verità che brucia a destra come a sinistra. Tutti parlano di sicurezza come panacea che ristabilisce la civiltà, dimenticando che viviamo in un Paese che politicizza perfino il colore dei semafori. E intanto, nelle strade, si muore. A Torre del Greco, pochi giorni fa, l’assistente capo della Polizia di Stato Aiello Scarpati è stato travolto a bordo dell’auto di servizio da un ragazzo sotto l’effetto di droga. È l’ennesimo omicidio stradale che racconta il degrado morale di un Paese distratto, dove la velocità esalta il narcisismo e la memoria del sacrificio di poliziotti e carabinieri dura un giorno.
I vigili di una volta conoscevano i volti dei cittadini ed erano un presidio di comunità. Oggi, sono preposti alla sicurezza urbana privata della bussola, mentre la politica, tra Stato e autonomie locali, si contende fette di potere attraverso le competenze. La sicurezza apartitica evocata da Feltri è un paradosso necessario, ormai grigia come le nostre paure e neutra come la nostra indifferenza. Tuttavia, lo Stato di diritto non può restare neutro verso chi subisce violenza o sopraffazione, ma deve tutelare e difendere.
Eppure, nelle nostre città la sicurezza è silenziosa ma presente. Nei vigili che evitano una rissa davanti a una scuola, nei poliziotti che muoiono travolti, nei carabinieri che presidiano comunità dimenticate. In un Paese dove la libertà è spesso confusa con l’arbitrio, la sicurezza è un valore di comodo, evocata nei comizi e ignorata nella legge di bilancio.
Per questo sì, Feltri ha ragione. La sicurezza torni espressione della dimensione etica dello Stato unitario, depurata dall’enfasi ideologica e restituita al vissuto quotidiano. Ma va superato il torpore che l’anomia sociale ha steso sul Paese e ritrovare la coscienza del limite e del legame. Se l’indifferenza resterà nel nostro vissuto quotidiano, non ci salveranno né i decreti né i corpi speciali, ma solo il risveglio di una coscienza collettiva, quella che un tempo chiamavamo civiltà e che oggi, scambiamo per traffico regolare.
 
PICCHIO

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